OMEGA 3 E MALATTIE CARDIOVASCOLARI: FACCIAMO IL PUNTO

Omega 3 e malattie cardiovascolari: un po’ di storia

L’interesse verso gli Omega 3 nacque negli anni ’70, quando un gruppo di ricercatori osservò che nella popolazione eschimese si registrava un tasso di infarto molto basso. Questo fu attribuito alla dieta di quei popoli, che si basa su cibi animali ricchissimi di Omega 3.

Queste prime osservazioni stimolarono la comunità scientifica ad indagare quale effetto abbiano gli Omega 3 sull’apparato cardiocircolatorio e se siano veramente in grado di proteggerlo. Furono condotti diversi studi che ebbero risultati positivi, e si consolidò l’opinione che aumentare il consumo di Omega 3 possa aiutare ad abbassare colesterolo e trigliceridi e a ridurre il rischio di infarto e ictus.

Poi, un cambio di direzione. In anni più recenti, accanto a studi che confermavano l’utilità degli Omega 3, cominciarono a uscirne altri che invece non dimostravano nessun effetto positivo. La stessa comunità scientifica si divise e ci fu chi iniziò a parlare di “flop” degli Omega 3.

La situazione è tuttora confusa. I risultati discordanti degli studi possono essere attribuiti a vari fattori: differenze nella progettazione e conduzione delle sperimentazioni cliniche, diverse formulazioni e dosaggi degli integratori di Omega 3 utilizzati, diverse caratteristiche dei gruppi di pazienti oggetto di studio, e non meno importante il fatto che nel tempo la gestione delle malattie cardiovascolari si è evoluta e oggi abbiamo a disposizione farmaci e interventi molto più efficaci rispetto a 20 anni fa.

Omega 3 e malattie cardiovascolari: novità dalla ricerca

In mezzo a queste incertezze, un’autorevole ricerca appena pubblicata ci aiuta a mettere finalmente un punto fermo nella discussione su Omega 3 e malattie cardiovascolari.

In settembre 2020 è uscita sulla rivista medica Mayo Clinic Proceedings la più completa analisi finora effettuata sul ruolo degli Omega 3 nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Gli autori hanno analizzato approfonditamente tutti gli studi clinici pubblicati su questo argomento fino ad agosto 2019: 40 pubblicazioni, per un totale di oltre 135.000 persone coinvolte nelle sperimentazioni.

I risultati? L’integrazione dei due più importanti Omega 3, EPA e DHA, è associata a:

• una riduzione del 13% nel rischio di infarto, e del 35% di infarto con esito fatale
• una riduzione del 10% nel rischio di malattia coronarica—il restringimento o occlusione delle arterie coronarie, che riduce l’apporto di sangue al cuore e nel mondo causa più di 7 milioni di morti ogni anno.

Inoltre l’azione protettiva degli Omega 3 aumenta all’aumentare del dosaggio; gli autori suggeriscono di prendere in considerazione dosaggi compresi tra 1000 e 2000 mg al giorno, quantità molto difficili da raggiungere anche da chi consuma pesce regolarmente e che quindi necessitano di un’integrazione.

I ricercatori concludono ricordando che le malattie cardiovascolari costituiscono la prima causa di morte nel mondo, e sottolineando che l’integrazione di EPA e DHA rappresenta una strategia efficace per prevenirle.

Non solo Omega 3

A questo punto dobbiamo ricordare che, quasi sempre, alla base delle malattie cardiovascolari c’è un disordine dello stile di vita. Non dovremmo considerare gli Omega 3 come una pillola magica che ci esenta dal migliorare la nostra alimentazione, fare più attività fisica, ridurre lo stress, smettere di fumare e di bere alcolici. Queste sono sempre le prime misure da adottare se ci preme la nostra salute. Gli Omega 3 possono essere un valido aiuto in più!